Pubblicità
Home Page

» Home page «

È morto Lucio Lami

Milano, 1 aprile 2013 - Con profonda tristezza ho appreso la notizia della morte di Lucio Lami.

Caro Lami, caro amico, le sia lieve la terra.

Giancarlo Nicoli

 

Lucio Lami è morto domenica 31 marzo 2013, giorno di Pasqua, intorno alle 14,30.

I funerali si sono svolti oggi, martedì 2 aprile 2013, nella basilica di San Nazaro in Brolo, a Milano.

 

Li festeggerà Lucio Lami, il prossimo 29 novembre

Cinquant'anni di giornalismo

Nella sede milanese della casa editrice Mursia

La Mursia, casa editrice che da qualche anno pubblica i libri di Lucio Lami, festeggerà il prossimo 29 novembre i cinquant'anni di giornalismo del suo autore.

All'incontro, che si svolgerà nella sede della casa editrice, via Mechiorre Gioia, 45, alle ore 18, saranno invitati gli amici vecchi e nuovi di Lucio Lami e in particolare tanti illustri colleghi che negli anni hanno avuto occasione di lavorare con lui, a cominciare da Mario Cervi, e in particolare i grandi inviati come Ettore Mo, Beppe Severgnini, Milena Gabanelli, Valerio Pellizzari.

@ @ @

E' in libreria "Umberto II il re di maggio" (Mursia)

Con un ampio corredo fotografico

Umberto II il Re di maggio

Umberto II il Re di maggio

Questioni aperte nel trentennale della morte di Umberto II

Il libro di Lucio Lami e le rivelazioni di Massimo Caprara

Il libro "Il re di maggio", scritto dopo trent'anni di ricerche e una serie di incontri dell'autore con Umberto II, uscì per la prima volta nel 2002 per i tipi di una piccola ma intraprendente casa editrice
cattolica (Ares), circostanza che consentì alla critica ufficiale di ignorarne i contenuti fortemente innovativi.

Le tematiche salienti del volume sono: la sudditanza anche psicologica di Umberto al padre, Vittorio Emanuele III e le conseguenze che ebbe nella fuga di Pescara, il peso nel rapporto Badoglio- Umberto dei fascicoli dell'Ovra sulla presunta omosessualità del Principe, le manomissioni di Togliatti nel referendum Repubblica-Monarchia.

La presentazione del libro fatta al Meeting di CL a Rimini il 21 agosto del 2002 dal principe Aimone di Savoia-Aosta, da Massimo Caprara ex segretario di Togliatti e dagli storici Marco Grandi e Gianfranco Morra fu l'occasione per Caprara di fare clamorose rivelazioni alle quali i "commentatori ufficiali" della storia italiana contemporanea, giornalisti e cattedratici, continuarono a opporre un inspiegabile silenzio.

Ora il libro ripresentato in nuova veste da Mursia e corredato da un'ampia documentazione fotografica, cerca di riproporre le tante domande che il volume pone e che sono sempre in attesa di risposta. Per tale ragione riproponiamo qui il testo integrale delle dichiarazioni di Massimo Caprara, ex segretario di Togliatti.

Lami riferisce e arricchisce le vicende drammatiche di Umberto di Savoia e la storia pure drammatica della nascita della Repubblica. Io arrivai a Roma, come segretario di Togliatti grazie a Umberto che mi ospitò sul suo Dakota; arrivammo insieme: io comunista e lui re.

Togliatti che non era un cuore di burro, ma di pietra, stimava moltissimo Umberto. Per lui la Repubblica era l'obbiettivo politico, non la condanna del re. E' importante selezionare questo concetto.

La nascita della Repubblica in Italia è tutt'altro che limpida, anzi è una storia torbida. Per questo approfitto di questa occasione importante per parlare di un evento di cui fui spettatore e protagonista nel giugno del 1946. Lami parla di questo momento nel suo magnifico libro.

Tutta la materia istituzionale era stata regolata dal decreto del 23 aprile 1946 che aveva un preciso itinerario. il 2 giugno per eleggere l'Assemblea costituente, il 10 giugno per proclamare il vincitore del referendum. Ma la norma fu violata. E chi la violò? Il guardasigilli, ministro della Giustizia che, dal dicembre del 1945, era Palmiro Togliatti. La violò il governo,visto che il computo delle schede doveva essere compiuto entro il 10 giugno.

Togliatti interruppe la procedura con un atto che non era formale ma sostanziale. Intimò per scritto di non proclamare i risultati del referendum e io fui il latore a conoscenza di questa lettera incostituzionale diretta a Giuseppe Pagano, primo presidente della Corte di Cassazione, che presiedeva l'ufficio elettorale e aveva accanto Massimo Pilotti, procuratore generale. Non si trattò di un innocuo spostamento di date ma di un sostanziale atto politico, preventivo, per favorire la
Repubblica, un atto politico, sostanziale premeditato.

Perché Togliatti bloccò la proclamazione? Perché nella notte tra il 4 e il 5 giugno Romita, ministro dell'Interno telefonò a Togliatti (e presi anch'io la telefonata) per dire che c'era un pericolo: in quel momento la Monarchia aveva più voti della Repubblica. Togliatti si preoccupò e il 10 giugno i risultati non furono proclamati e il Presidente Pagano obbedì all'intimazione di Togliatti.

Togliatti aveva stabilito che i magistrati , compreso il presidente della Cassazione, fossero subordinati al Ministro della Giustizia, cioè a lui. Per questo nel governo Bonomi scelse il Ministero di Giustizia, perché pensava al referendum. E quale fu il fine ultimo dell'atto illegittimo e illegale di Togliatti? Se i voti non fossero bastati sarebbe stato possibile rinforzare il responso delle schede a favore della Repubblica.

Così, nel famoso Salone della Lupa, a Montecitorio, dopo la mancata proclamazione della Repubblica (che avvenne molto dopo) Togliatti spiegò a me e a Marcella Ferrara, che mi aveva
sostituito come segretaria di redazione a Rinascita, il perché aveva agito cosi con il Presidente della Corte Suprema di Cassazione. Disse Togliatti: "I parti difficile vanno assistiti e pilotati".

Si, assistette e pilotò la nascita della Repubblica. Devo dirlo perché questa è la verità e il mio contributo al bellissimo libro di Lami.

@ @ @

E' in libreria: " Faccia a faccia" di Lucio Lami

Incontri con 50 personaggi famosi nel mondo (Mursia)

Copertina libro: 'Faccia a faccia'

Lucio Lami, "Faccia a faccia", copertina del libro

Pubblichiamo la postfazione al libro di Ettore Mo, inviato del Corriere della Sera

E' superfluo dire che l'invito a parlare di questo nuovo libro di Lucio Lami è un invito a nozze e lo considero un'ulteriore conferma di stima e di affetto da parte di un collega con cui ho condiviso, per oltre trent'anni, itinerari spesso duri e rischiosi.

Più giovane di me di qualche anno, Lucio s’è affacciato al giornalismo“ quand'era ancora poppante”, come emerge dalle pagine di questo libro: io ho sentito il suo fiato sul collo, la prima volta, quand’ero in Irlanda, al tempo dell'assassinio di lord Mountbatten. Da Milano, il Corriere mi informava che sul Giornale di Montanelli c’era un interessante articolo a firma Lami, che era riuscito a mettersi in contatto con gli estremisti dell’Ira, e siccome quello era anche il mio obiettivo, dovetti rassegnarmi al fatto di essere stato bruciato sulla dirittura d'arrivo. Questo episodio serve a mettere in evidenza quella che è stata una delle caratteristiche maggiori di Lami: la ricerca non tanto dello scoop ma delle missioni difficili. Il libro la dice lunga su questa tendenza che, per potersi esprimere, doveva essere sostenuta da altre qualità, come la cultura storica, la competenza specifica dei problemi internazionali, e. infine, la scrittura.

Essendo di origini toscane. Lucio non ha avuto bisogno di risciacquare i panni in Arno come sant’Alessandro Manzoni; inoltre, ha avuto la fortuna di imbattersi nel re dei giornalisti, Indro Montanelli, che lo ha subito catapultato nel club esclusivo dei reporters di alto cabotaggio.

«Ritratti di personaggi famosi nel mondo», dice il sottotitolo: e basta dare un’occhiata ai suoi capitoli per rendersi conto della vastità e molteplicità degli interessi dell’autore che, nella sua inesauribile curiosità, s' introduce in tutti gli ambienti, una specie dì Arsenio Lupin avido di carpire i segreti di uomini politici, letterati, artisti, maitre à penser. La costante, tenace pirateria di Lucio Lami consente così al lettore di avvicinarsi ai leaders e ai protagonisti della politica internazionale come Arafat, Saddam Hussein, Khomeini. Pinochet. Fujimori. o a intellettuali, scrittori e poeti come Aron, Brodskij, Montanelli, Buzzati o ad artisti come Botero e Fontana, senza dimenticare personaggi o gruppi famosi della musica pop che hanno riempito le cronache dell’ultimo mezzo secolo, come i Beatles, che Lucio ha incontrato a Milano durante la loro prima tournée oltre manica e che definisce, molto efficacemente, i dervisci della modernità.

La facilità e felicità della sua scrittura induce a pensare che la carriera di un inviato speciale si snodi su una specie di via lattea senza ostacoli. Al contrario, noi sappiamo come sia stato diffìcile avvicinare e intervistare alcuni protagonisti della storia contemporanea, come Saddam Hussein, Khomeini, Pinochet, Castro. Dopo estenuanti anticamere, molti di noi si sono arresi. Se Lami c'è riuscito dobbiamo attribuirlo alla sua caparbietà, ostinazione e anche un pochino alla sua più che legittima astuzia diplomatica.

È un libro, questo, che vive di luce propria, nel senso che racconta, attraverso i protagonisti, mezzo secolo di giornalismo in Italia. E non c’è, in queste pagine, nessuno spazio per quel genere di pettegolezzo meschino che va di moda.

Non ho nessuna difficoltà ad ammettere che Lucio e io siamo su posizioni ideologiche distanti, ma questo non ci ha mai impedito di riconoscere che “Omaggio alla Catalogna” di George Orwell sia stato una specie di testo sacro per gli inviati di guerra. Pane al pane, vino al vino.

Gaetano Afeltra ha veramente colpito nel segno quando scrive, nella Prefazione, che «ognuno degli intervistati è stato colto nella sua umanità, incontrato come persona prima e più ancora che come personaggio». È la ricetta segreta di questo libro che, ne sono sicuro, avrà successo. Perché a me sembra impossibile resistere al fascino di un romanzo di vita dove Khomeini s' incontra con Montanelli, i Beatles con Umberto di Savoia, il Nobel russo Josìf Brodskij con Botero e Fontana e poi tutta questa galleria di giornalisti e scrittori che Lucio ed io abbiamo amato nella nostra giovinezza, perché quelli erano i nostri dervisci: i Vittorio G. Rossi, i Montanelli, i Buzzati e quel Giancarlo Fusco, l'ultimo maudit del Brera e re dei night e delle balere, che non ho avuto il piacere e l’onore dì conoscere perché mi fece lo sgarbo di lasciare via Solferino prima che io vi approdassi.

Ettore Mo

Iscriviti alla newsletter di Lucio Lami
Inserisci il tuo indirizzo email nella casella bianca e poi premi il bottone sottostante
Un servizio di Yahoo!
Collegamenti

Il P.E.N. Club Italiano


© 2006 Lucio Lami.
Ai sensi della legge 62/2001, si precisa che il presente sito non è soggetto all'obbligo dell'iscrizione nel registro della stampa, poiché è aggiornato a intervalli non regolari.
Il sito è ospitato da Register
Contattare il webmaster | design © 2006 A R T I F E X
La vostra privacy